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Sezione Articoli
Titolo Progetto Gronge
Rivista Blu
Autore Federico Fiume
Contenuto

Marco Bedini, Tiziana Lo Conte, Alessandro Denni, Paolo Taballione, Alessandro Bedini, Inke Küll, Max Di Loreto, Fabrizio "trick" Sibilia sono i nomi che compongono attualmente il progetto Gronge, un progetto fra i più interessanti che siano stati prodotti da quella zona oscura fra avanguardia e rock, fra popolare e intellettuale, dove è così difficile avventurarsi senza rischiare di avvolgersi in spirali autocompiacenti e autoemarginanti. I Gronge hanno sempre mantenuto una salda consapevolezza che li ha tenuti lontani da questo rischio, maturando al contempo un'intensità espressiva sempre più completa. Un segnale che speriamo di captare ancora a lungo e sempre più chiaramente.
Contro il silenzio, contro la normalizzazione.

Ascoltare i Gronge non è per niente facile, non ti permettono di "consumarli" come un prodotto, ti obbligano a entrare nel loro mondo, nei loro suoni inconsueti, ti spiazzano con la loro diversità, con la loro originalità intransigente, ti sorprendono con il loro non essere un gruppo musicale nel senso comune del termine ma piuttosto un terminale di comunicazione di onde che vanno nello stomaco e nella testa, emozione e luce.
Mai avuto vita facile i Gronge. Normale, non l'hanno mai cercata. Quello che hanno sempre voluto è invece un terreno di comunicazione pura, che nulla concede alla superficialità e che richiede in chi ascolta lo stesso impegno a capire, a entrare in contatto, che la formazione romana immette nel suo lavoro.
Mai avuto vita facile i Gronge. Dopo una serie di autoproduzioni di cui una (il nastro "Classe differenziale") ristampato ora su vinile dalla Inisheer e subito accolto dalla critica con toni entusiastici, mentre quattro anni fa la stessa critica, nella quasi totalità dei casi, lo aveva snobbato o peggio, la Zound Records offre loro di fare un disco. Si fa, è "A Claudio Villa (original sound)". L.P. tanto intenso quanto poco fortunato. A più di un anno di distanza dalla sua registrazione, problemi di ogni genere che nulla hanno a che vedere con il gruppo, ne bloccano ancora l'uscita e a questo punto c'è da chiedersi se dovremo aspettare altri quattro anni prima di poterlo vedere nei negozi.
La band prova in una cantina della periferia romana, dove il ho incontrati in un'atmosfera equatoriale di calore e umidità, dopo una serata di prove.

Voi avete sempre avuto una formazione aperta che si è spesso modificata e allargata a collaborazioni diverse...
Marco
: Credo che il nostro sia il gruppo che sta in piedi da più tempo a Roma, ormai sono quasi cinque anni, proprio perché non è un gruppo chiuso, c'è un "ricambio d'aria" che impedisce la morte per soffocamento che colpisce molti gruppi. Questo è un progetto nato e rimasto aperto, ognuno di quelli che vi hanno preso parte nel corso del tempo ha portato al suo interno vitalità ed energie. Purtroppo in Italia non c'è abitudine alla collaborazione, noi cerchiamo di andare contro questa tendenza e continueremo così, almeno finché troveremo palchi sufficientemente grandi!

E' difficile individuare delle influenze precise nel vostro modo di fare musica. Esistono?
Tiziana
: La nostra musica non è mai programmata, preparata, viene fuori da sola e le influenze... non so, ci saranno, ma non sono evidenti neanche per noi.
Marco: Se ha un minimo di forza espressiva tua, è quella che devi realizzare, poi avrai anche le tue influenze, perché senti i dischi, il traffico, vai al cinema, leggi; siamo aperti, ognuno di noi è una spugna. Quello che non sopporto è questo disperato tentativo di accomunarci sempre a qualcun'altro, a una tendenza, a un genere. Ci hanno definiti industriali, rumoristi, etc. solo perché non riuscivano a incasellarci e cercavano in tutti i modi di appiopparci un'etichetta, in modo molto superficiale, oltretutto. Se ci ascolti, ma con le orecchie, non con le parole degli altri, io credo che a livello di gruppi italiani più melodia di noi...

Voi curate molto anche la parte visiva dei vostri spettacoli, proponendo un concetto più largo, più globale del semplice concerto. Da dove si origina questa scelta?
Marco
: Il disco è orecchio, il concerto è occhio e orecchio. Ma non è una scelta fatta in funzione soltanto del pubblico, è anche un bisogno nostro, un'esigenza di completezza. Quando abbiamo cominciato proponevamo esclusivamente la musica ed essendo ancora inesperti, i piccoli incidenti che ci capitavano sul palco ci creavano dei problemi. Così abbiamo elaborato un siatema che ci consentisse di sfruttare positivamente anche questi incidenti, anche ingigantendoli, se vuoi. Da lì è nata la variazione, la difformità dello spettacolo ed è diventata poi un proporre diverso e diversificato ogni volta. In seguito ha preso la forma di un linguaggio più articolato e pensato. E' stata una crescita, un rendersi conto di certe situazioni e svilupparle nel senso di una comunicazione più completa.

Cos'è per voi la comunicazione?
Marco
: E' una ricerca, un'esplorazione, verso gli altri e verso sè stessi. Io personalmente quando faccio una cosa come suonare, se la faccio e mi ci metto con una forte intensità è perché ci sono tante cose nella vita che non mi stanno bene e cerco disperatamente di cambiarle, dalla vita in comune, alla società, cose che ti pesano sulle spalle e io non posso far finta di eliminare questo peso quando mi metto a suonare. E' questa la spinta, la marea. Il mare è fatto d'acqua, ma senza marea, senza correnti, non si muove.
Sandro: La comunicabilità di qualcosa, non dipende dalla semplicità e difficoltà di quel che dici ma da quanto forte è la tua spinta e da quanto sei disposto ad andare verso il tuo interlocutore.
Marco: Alla fine del Seicento sorse un movimento letterario, l'Arcadia, in cui un gruppo di intellettuali dell'epoca cercava di ricostruire la semplicità, come reazione al Barocco, copiando da manoscritti antichi, storie rurali, pastorali, anche piuttosto banali. E' un'operazione che è fallita completamente, infatti l'Arcadia è uno dei periodi più brutti della storia della letteratura, proprio perché cercando di copiare la semplicità diventi macchinoso, grottesco. La comunicazione è completa quando riesci a essere globale, a operare su più livelli. una cosa del genere, per fare un altro esempio letterario, credo che sia riuscita solo a Heinrich Böll che, pur raggiungendo livelli speculativi molto alti ha mantenuto un certo tipo di attenzione che gli veniva dalle sue radici culturali popolari, un esempio di comunicazione globale in grado di raggiungere tutti senza perdere nulla della propria integrità e forza. Questo è quello che noi cerchiamo di fare, lavorando con i nostri mezzi e cercando di superare ogni volta i limiti e le difficoltà.